Consenso informato: quando il paziente va comunque risarcito

Consenso informato: quando il paziente va comunque risarcito

Avv. Nicola Todeschini Risarcimento per consenso informato negato

Quante volte ci siamo posti il problema del consenso informato negato?

Credo che a tutti sia capitato di riflettere sull’argomento e di avere difficoltà nell’orientarsi, soprattutto perché si può credere, sbagliando, che le regole in tema di consenso informato siano quasi effimere, e che non esista un rimedio.

Per il vero anche leggendo a volte alcune sentenze di merito si ha la sensazione che il principio del consenso informato non sia stato digerito nemmeno da parte della magistratura: tra consensi firmati, presunti, sottintesi, ignorati, negati, credetemi ho letto di tutto.

Di recente un’ascoltatrice di Radio Padova (ascolta qui l’audio della mia intervista) mi ha addirittura riferito che, secondo un presunto esperto, di fronte alla negata informazione il paziente non avrebbe alcuna chance di reazione, tanto meno di risarcimento del danno.

Ebbene, non è così!

 

Il caso:

Una paziente presta il consenso scritto (quello che definisco “consenso firmato“) per un intervento che però non è stato descritto in modo veritiero. Addirittura nel modulo di consenso le viene richiesto di concedere ai sanitari di modificare il concordato intervento qualora lo ritengano necessario.

Successivamente scopre che l’intervento è stato molto più invasivo di quello concordato, e che addirittura era parzialmente inutile e così chiede giustizia al Tribunale, che la nega, e quindi alla Corte d’Appello, ma senza fortuna.

Non le rimane che procedere con ricorso in Cassazione, che con una nota pronuncia del giugno scorso da una letterale lezione a Tribunale e Corte d’Appello in tema di consenso informato.

 

La sentenza della Corte di Cassazione 12205/2015:

E’ una sentenza tutta da leggere (in fondo al post troverai il link alla sentenza ed al mio contributo) che fa giustizia di ogni errata interpretazione sostenuta da Tribunale e Corte d’Appello che avevano negato il risarcimento.

La Cassazione ricorda che la scelta, personalissima, spetta solo al paziente, il cui consenso è inutile se non è veramente informato, e non al medico.

Il paziente ha diritto all’autodeterminazione consapevole: significa che ha diritto a decidere solo dopo essere stato informato con cura, e può decidere non solo di prestare il consenso, ma pure di negarlo, anche subendo le conseguenze della malattia perché l’orizzonte esistenziale al quale ogni persona guarda è inviolabile e la cura non va, come dico sempre, comminata, semmai condivisa grazie .

Ma il paziente non ha solo il diritto di prestare il consenso oppure di negarlo, ma anche di negarlo parzialmente decidendo di sottoporsi al trattamento in un altro momento della sua vita che meglio sia in grado di sopportare le complicanze e pure di sottoporsi al trattamento in una diversa struttura, magari più attrezzata per il suo caso.

Sbaglia quindi, incredibilmente, la Corte d’Appello quando sostiene che se l’intervento sia stato eseguito secondo la tecnica corretta e sia indicato al paziente non spetti nulla per la mancata informazione!

Per spiegare meglio il diritto del paziente ho elaborato due categorie:

  • se curare“: il paziente può prestare il consenso o negarlo;
  • quando curare“: il paziente può negarlo in quel momento per sottoporsi all’intervento in un altro momento, o in una diversa struttura.

Solo tenendo in considerazione entrambe le categorie è possibile comprendere quante scelte debbano essere garantite veramente al paziente e questa sentenza, finalmente, fa giustizia di tante inesattezze; la festeggio anche perché ricostruisce il principio del consenso in armonia con i miei studi in argomento (vedi le pubblicazioni).

 

Quale danno è risarcibile?

Anche per meglio spiegare quali danni siano risarcibili, se anche l’intervento sia stato perito (tecnicamente corretto) ho proposto due definizioni, che mi auguro agevolino la comprensione.

  • danno da difetto d’informazione “puro”: è il danno che il paziente subisce di norma e consiste nella sofferenza per aver perduto la possibilità di autodeterminarsi. Consiste per esempio nella maggiore sofferenza che patisce per non essersi potuto preparare anche alla complicanza peggiore ed aver così dovuto sopportare quella che la Cassazione definisce “sorpresa”. E’ un tipico danno morale e/o esistenziale.
  • danno da difetto d’informazione “funzionale”: consiste nelle stesse complicanze, che gli siano state taciute, ed è più spesso un danno biologico, oltre che morale ed esistenziale. Per ottenerlo deve dimostrare che non avrebbe prestato il consenso (quel consenso, in particolare, nelle circostanze di tempo e di luogo, attenzione!) se avesse saputo a quali complicanze sarebbe potuto andare incontro.

Se vuoi leggere la sentenza e il mio commento integrale pubblicato nella Rivista Persona e Danno clicca QUI.


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