Legge Balduzzi, guida breve alla lettura dell’art. 3

Legge Balduzzi, guida breve alla lettura dell’art. 3

Avv. Nicola Todeschini Responsabilità del medico dipendente

La legge Balduzzi, in particolare all’art. 3, ha posto seri dubbi interpretativi, così disponendo:

L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo coma.”

La Corte di cassazione in più occasioni ha chiaramente affermato che non è cambiato nulla.

Compagnie di assicurazione, sanitari, alcune pronunce di merito, invece, hanno individuato nella regola un effetto, guarda caso, dirompente, sostenendo, con alterne vicende, che la responsabilità contrattuale sarebbe stata cancellata, oppure che lo sarebbe solo quella da contatto sociale del medico dipendente della struttura ospedaliera.

Insomma: sarebbe più ardua la strada che il danneggiato dovrebbe compiere per conseguire il risarcimento (tempi ridotti, oneri di prova maggiori) e proprio per tali ragioni la tesi, che definisco creativa, farebbe così contente le compagnie di assicurazione.

Ho affrontato il tema in molte occasioni, in particolare con contributi contenuti nella rivista Persona e Danno, ed ora propongo alla lettura il mio “Le 50 sfumature di grigio della legge Balduzzi”, con il quale chiarisco quali siano gli errori di interpretazione di alcuni giudici di merito e perché abbia invece ragione la Corte di Cassazione.

Nel contributo spiego perché il significato delle parole utilizzate dal legislatore non può far propendere per una lettura abrogativa e perché quindi la tesi della responsabilità contrattuale da contatto sociale anche del medico dipendente abbia ragione di essere salvaguardata.

 

Ecco alcune indicazioni sintetiche:

Anzitutto l’inciso “In tali casi”, nel penultimo periodo, chiarisce inequivocabilmente che le novità sarebbero da ricondurre solo ai casi descritti nel primo periodo, e non ad altri.

Inoltre l’avverbio “comunque” descrive il significato della premura del legislatore, che dopo aver parzialmente depenalizzato si affretta a rassicurare circa il fatto sotto il versante civile nulla sia cambiato.

Gli esempi che propongo nel contributo dimostrano, soprattutto, che il legislatore, se avesse veramente voluto sostenere che la responsabilità in gioco debba essere solo quella extracontrattuale, non avrebbe scritto:

In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile,

ma piuttosto: 

In tali casi resta fermo  SOLO l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile.

L’avverbio “solo” avrebbe chiaramente spiegato la scelta di escludere la responsabilità contrattuale manifestando un’opzione univoca solo, appunto, per quella extracontrattuale.

Ma il legislatore ha scelto diversamente, ed interpretare la regola, come fa il Tribunale di Milano, ricavandovi un significato che presuppone l’esistenza di un avverbio decisivo, che invece non esiste, e che contrasta tra l’altro, come spiego nel mio contributo, con l’intenzione che il legislatore ha manifestato formalmente durante i lavori parlamentari, significa forzare la mano.

Qui troverai il testo integrale del contributo “Le 50 sfumature di grigio della legge Balduzzi”.


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