Come ottenere il risarcimento del danno per la violazione del consenso informato

Come ottenere il risarcimento del danno per la violazione del consenso informato

Avv. Nicola Todeschini Risarcimento per consenso informato negato

Il paziente ha diritto di chiedere il risarcimento del danno quando non sia stato informato tempestivamente e correttamente dal medico.

Sul web anche di recente ho letto commenti fuorvianti, anche se pubblicati su testate importanti, e ho quindi deciso di riassumere brevemente, ad uso comune, lo stato dell’arte delle regole.

Il medico ha il dovere di informare compiutamente il paziente per metterlo in condizione di autodeterminarsi in modo consapevole e quindi decidere se aderire alla proposta di trattamento ovvero negare il proprio consenso; se non lo fa viola il contratto di cura e non è diligente (come invece prescrive l’art. 1176, II c., c.c.)

Quando l’informazione viene negata il paziente ha due precise chance, anche se una viene spesso dimenticata, anche di chi si vanti di essere esperto:

a) chiedere il risarcimento del danno morale ed esistenziale per il pregiudizio patito a causa dell’impossibilità di autodeterminarsi (si tratta di un pregiudizio non patrimoniale diverso dalla lesione della salute, di agevole presunzione, che secondo la Cassazione si determina quasi normalmente quando la fiducia del paziente sia così tradita). E’ il danno che ho definito, nei miei lavori, danno “puro”.

b) chiedere il danno alla salute consistente nelle complicanze, taciute dal medico, anche quando siano sorte indipendentemente da un errore tecnico nell’esecuzione del trattamento, ma ad una condizione: deve dimostrare che se fosse stato adeguatamente informato non avrebbe prestato il proprio consenso (anche in questo caso può offrire dimostrazione grazie alle presunzioni). E’ il danno che ho definito nei miei lavori “danno funzionale”.

Affermare, quindi, genericamente che il risarcimento del danno per la violazione del consenso informato sia possibile solo se il paziente riesca a dimostrare che, se adeguatamente informato, non avrebbe prestato il consenso, significa confondere le due ipotesi sopra nominate e interpretare in modo manifestamente errato la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

In molti casi, purtroppo, per errore si scorda anche solo di contestare il pregiudizio per primo nominato sub a), e quindi il magistrato non può nemmeno decidere sulla richiesta più agevole da accogliere (salvo che non si confonda, come accade, e tocchi poi alla Cassazione rimediare!).

Per ottenere il risarcimento integrale del danno è quindi necessario avere ben chiara la distinzione, la giurisprudenza che la sostiene, argomentare le ragioni in modo produttivo sin dalla fase stragiudiziale ed insistere affinché siano recepite le relative istanze. Non farlo significa esporsi a responsabilità professionale.

Ho chiarito questi aspetti in molti miei contributi precedenti visibili soprattutto QUI, nell’opera che ho diretto per Utet e segnalo, da ultimo, proprio il contributo, pubblicato nella rivista persona e Danno, a commento della sentenza 2369/2018 della terza sezione della Corte di Cassazione da alcuni raccontata dimenticando di offrire un quadro corretto della giurisprudenza.


Condividi

Commenta l'articolo

La tua e-mail non sarà pubblicata.

Puoi usare i seguenti tag e attributi HTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>